La Madunina
Questo importante complesso architettonico è situato sopra l’abitato di Prestino, tra selve di castani. E’ composto da tre parti:
– un piccolo fabbricato di servizio, seminascosto sul lato nord;
– la parte più antica, conosciuta come l’Oratorio dei SS Ippolito e Cassiano, esistente, con il campanile, prima del 1500; – un’altra, più recente, iniziata nel 1893 in seguito ad un voto e finita dopo circa 20 anni, dedicata alla Madonna di Caravaggio e detta anche di San Marco: infatti, il 25 aprile di ogni anno, i parrocchiani della antica pieve di Mazzo, per antichissima consuetudine,vi si recano per propiziare il buon esito delle semine e del raccolto.
Il complesso sorge su un terrapieno, rifatto ed ampliato nel 1937.
L’Oratorio ha una semplice facciata rettangolare, con una porta in pietra verde, sormontata da una finestrella rotonda. Sul lato sinistro esiste un piccolo campanile, con due campane e sormontato da una modesta cuspide piramidale a base quadrata. Di notevole valore sono gli affreschi che si trovano nell’abside della parte più piccola e antica, l’attuale Sacrestia.Tra il locale della sacrestia e l’ abside affrescata esiste una bella cancellata in ferro battuto del Cinquecento. Questi affreschi furono dipinti nel 1560 dal geniale pittore grosino Cipriano Valorsa, detto il “Raffaello della Valtellina”.
E’ un ciclo notevole, composto da varie parti. Davanti, sull’arco trionfale, sopra la cancellata, è raffigurata una bella ANNUNCIAZIONE, con Maria e l’Angelo ai lati e, al centro, il Padre Eterno con cinque angioletti, tra le nubi e la colomba (Spirito Santo).
Sulle lesene dell’arco sono dipinti, quasi a grandezza naturale, uno a destra, l’altro a sinistra, i Santi Ippolito e Cassiano. Nel sottarco, racchiusi in sei medaglioni, ci sono le
immagini dei patriarchi Giacobbe, Salomone, Isacco, Mosè, Davide e Abramo.Al centro del sottarco è dipinto un Angelo con cartiglio su cui si legge la data del 1560. La facciata dell’Altare è molto rovinata ed ormai illeggibile: si notano ancora tracce di colore di una decorazione ad arabeschi, molto antica e, sopra, un dipinto del Valorsa, ormai quasi scomparso, raffigurante una deposizione dalla croce. Ma il capolavoro del Valorsa è la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli (a destra S.Pietro, a sinistra S. Giovanni), radunati nel Cenacolo. In alto nel catino della volta divisa in settori, sono rappresentati cinque angioletti musicanti, dipinti su sfondo di cielo azzurro con stelle dorate.
Ci sono poi i simboli dei quattro Evangelisti e, al centro, la colomba dello Spirito Santo da cui partono le fiammelle che si posano sulle teste della Madonna e degli Apostoli. Sull’architrave della finestra di destra, l’autore lasciò scritto: “Ciprianus Grosiensis Pinxit”. Questi affreschi che purtroppo hanno molto patito per l’umidità, sono stati restaurati (malamente) nel 1938 e anche di recente, pochi anni fa. L’Oratorio, prima della costruzione della Chiesa vera e propria, aveva sul lato destro due cappelle laterali un tempo protette da una tettoia; erano dedicate a San Marco ed alla Madonna del Buon Consiglio: sono ora trasformate nelle attuali cappelle interne, sul lato sinistro della Chiesa. La Chiesa della Beata Vergine di Caravaggio, nota anche come Chiesa di San Marco, è stata costruita alla fine del secolo scorso in seguito ad un voto. Era il 1883. Il popolo di Tovo, oppresso da un’ostinata siccità, si recò in processione all’Altare della Madonna del Buon Consiglio, facendo voto di edificare in quel luogo un Santuario dedicato alla Beata Vergine e di recarsi in processione, ogni anno, il 25 aprile, giorno di San Marco. Era il 18 giugno: l’acqua cadde abbondante. La popolazione, felice, ritornò a quell’Altare il 29 giugno a ringraziare la Madonna e rinnovò la promessa fatta.; La Chiesa fu costruita in 20 anni, con il lavoro di tutta la popolazione. Ha una facciata semplice, rivolta ad ovest come quella del vicino Oratorio, ma più avanzata.L’interno è ad una navata con tre cappelle sul lato sinistro. Due di queste cappelle sono le stesse che furono anticamente aperte sul fianco destro dell’Oratorio. Una ha sopra l’Altare un affresco raffigurante San Rocco, San Giuseppe e San Marco, dipinti nel 1879, prima della costruzione della Chiesa grande, dal pittore Felice Carbonera di Vervio. Sopra l’Altare dell’altra, racchiusa in una bellissima e preziosa cornice dorata del Seicento a forma di portale barocco (restaurata nel 1929), c’è un affresco rappresentante la Madonna in trono con il Bambino benedicente, dipinto dal pittore Giovannino da Sondalo (XV sec.); è chiamata la Madonna del Buon Consiglio. L’Altare maggiore è stato eretto nel 1915, in marmi pregiati e contiene, in una nicchia, un bel gruppo ligneo raffigurante la Beata Vergine di Caravaggio e la giovane donna alla quale è apparsa. Questo gruppo fu scolpito nel1898. All’esterno, sul lato sinistro della Chiesa grande, vicino all’entrata dell’Oratorio, si vede una lapide in pietra verde con scolpiti un teschio e due tibie: ricorda i morti della guerra e della peste del 1634 con questa scritta in latino:
“Bello et peste confecti – A.D.MDCXXXIV – hic in pace requiescunt”.
Castello di Bellaguarda
Su un’altura che domina la contrada di Prestino sorge il castello di Bellaguarda, raggiungibile con un impervio sentiero.
E’ di origine molto antica: la torre, alta una ventina di metri, è già citata in documenti del 1226; il castello, costruito successivamente, è nominato dal 1340.
Fu proprietà, almeno a partire dal XIV secolo, dei Venosta di Grosio.
Nel 1487 fu incendiato dai Grigioni. Ricostruito, fu abitato, sempre dai Venosta, fino al 1712.
Dal 1928 al 2004 ne fu proprietaria la famiglia Antonietti di Monza che una cinquantina di anni fa ne curò un restauro parziale.
[ Da uno scritto di Don Egidio Pedrotti, storico e parroco di Tovo per oltre 50anni ]:
“Nei lavori di restauro fatti in questi anni per liberare i vani del castello dalle macerie accumulate da secoli, vennero alla luce oltre ai muri principali, dei muri e delle scale secondarie, vani ristretti e un piccolo forno. Si trovarono numerosi chiodi, serrature, chiavi, anelli, stili rotti, cocci, una mola grande da arrotino, un grande piatto con testa di bambino, ma, piu preziosa, una freccia del tipo verronetto, che si lanciava con quel tipo di balestra che allora si chiamava la scalchigna.
In vari luoghi si vedono i segni dell’incendio, appiccato dai
Grigioni dopo la conquista del castello fatta nel 1487.
In un locale della casa di abitazione venne trovato in abbondanza del grano annerito dal fuoco, come pure oggetti di ferro dei quali non si potè capire nè l’uso nè la forma. Vi si trovarono anche castagne ben conservate.
Il castello è formato da una torre con tre cinte regolari a forma di triangolo; sotto si apre un primo cortile interno con due portali, uno presso il corpo di guardia, l’altro presso la casa di abitazione. Al di fuori, altro cortile molto piu vasto con mura di difesa e feritoie; vi si scorgono avanzi di case che risalgono al tempo in cui il castello era abitato e che sono ricordate anche nei documenti.
Le mura sono ben conservate: la torre è alta una ventina di metri e la porta d’ingresso, secondo l’usanza del tempo, si eleva da terra circa quattro metri. Vi si accedeva con scala esterna in legno e di là nell’interno per mezzo di una botola, che ancora si vede, si calavano i prigionieri, pei quali esisteva abbasso altra porta.
Le mura della torre sono ancora in parte intonacate; sono grossissime, di circa un metro e mezzo di spessore. Attualmente la costruzione è allo stato di rudere,completamente abbandonata da diversi anni.
Ed è un vero peccato perchè il complesso conserva tutte le strutture originarie ed è giudicato uno dei piu interessanti complessi castellati della nostra valle.
E’ a forma triangolare, posto su tre ripiani, ognuno dei quali è delineato da mura merlate.
Sul primo ripiano, in basso, vi è un cortile con due portali e il corpo di guardia; sul ripiano di mezzo, ci sono le abitazioni ancora ben distinguibili anche se ormai prive di tetto; sull’ultimo ripiano si eleva la torre, a pianta regolare, discretamente conservata, con una feritoia al primo piano, strombata dall’interno ed una finestra trilica al secondo. Ai piani si accedeva, come in genere nelle torri della valle, con scale mobili ritirate al primo piano. é considerato l’unico castello della valle che conserva le strutture originarie anche nei particolari..
Per questo è sicuramente meritevole di un urgente restauro conservativo.
Parrocchia di Tovo di S. Agata
Prima della costruzione di questa Chiesa, sullo stesso luogo vi era una Chiesetta del 1500, molto più piccola, disposta in modo trasversale rispetto all’attuale e di cui rimangono poche tracce di affreschi del Valorsa in un locale chiuso, vicino alla scala per salire in Cappella.
La Chiesa attuale ha una facciata in stile barocco, scandita da quattro lesene, divise in due da un cornicione mediano e chiusa in alto da un timpano triangolare. In mezzo alla facciata c’è una bella trifora serliana.
L’entrata è costituita da uno snello portale in pietra del 1700, sormontato da una statua, anch’essa in pietra, di S.Agata, la Patrona del paese.
Il portone d’entrata, eseguito nel 1736 da un artigiano di Grosotto (Antonio Fol), è in lamiera chiodata montata sul legno.
Superate le altre tre porte in legno si entra nella Chiesa, alta, spaziosa, ad una sola navata e con sei cappelle laterali, tre a destra e tre a sinistra. In fondo c’è il Presbiterio, con l’altare maggiore. Appena entrati è interessante girarsi per osservare, in alto,sulla parete, racchiuso entro una ricca cornice di stucco, un bell’affresco raffigurante l’Adorazione dei Magi, eseguito da G.B. Muttoni nel XVIII secolo.
La prima cappella di sinistra, limitata da una robusta balaustra,ospita la vasca battesimale in marmo e rame.
Sulla parete si può ammirare un bel dipinto con il battesimo di Cristo, opera del pittore sordomuto Felice Carbonera di Vervio, attivo nella seconda metà del XIX secolo.
Nella terza cappella di sinistra, una trentina di anni fà, è stata posta un’ancona lignea di notevole valore, scolpita, intagliata, dipinta e dorata a forma triangolare, con colonnine, tortili, nicchie, statuine, fregi vari, la cui parte superiore risale al XVIII secolo, mentre il resto, compresa la mensa dell’altare, è opera di Martino Sandrini, un artista di Ponte di Legno che nel 1968 restaurò anche la parte originale.
Alcuni anni fa questo altare subì l’oltraggio del furto della statua di una bella Madonnina e di due Angioletti del Settecento, di pregevole fattura.
Di recente sono stati collocati dei rifacimenti (opera del Sandrini), donati da persone generose.
Superati i due gradoni che tagliano trasversalmente la Chiesa, si arriva al Presbiterio. A destra si accede al campanile, a sinistra alla sacrestìa.
Il Concilio Vaticano II nel 1968 determinò molti cambiamenti nella liturgia: il più noto fu l’abbandono del latino. Ma modificò anche la disposizione degli altari.
Prima, il Sacerdote celebrava la Messa (in latino) volgendo le spalle ai fedeli. L’altare si trovava infatti in alto, dove ora ci sono gli scranni dove si siedono il Prete e i chierichetti.
Gli scranni furono realizzati da un abile artigiano lombardo del 1700 e furono donati alla Chiesa dall’antica e nobile famiglia Canali.
Dopo il 1968, l’altare fu portato più avanti e rivolto verso i fedeli.
L’avvento dei microfoni portò anche alla scomparsa di un bel pulpito in legno che era attaccato alla parete sopra l’altare di sinistra.
La parete in fondo al presbiterio è stata affrescata negli anni cinquanta dal pittore comasco Conconi con immagini di Cristo e Angeli ai lati.
Sempre sulla parete di fondo, più in basso, racchiusa in una fastosa cornice di stucco, si trova una grande tela con il Martirio di Sant’Agata, opera di G.B. Muttoni.
La terza cappella di destra ospita, dietro una bella balaustra, un moderno organo fatto istallare, nel 1968, dall’allora parroco Don Lino Urbani.
Sopra l’altare di questa cappella c’è un’ancona con una tela dipinta da un pittore famoso, Fermo Stella da Caravaggio. Raffigura la Madonna in un alone di nuvole, nell’atto di essere incoronata dagli Angeli. Ai suoi piedi ci sono i Santi Domenico, Giuseppe, Silvestro e Orsola ed una schiera di vergini. Nel dipinto, in basso, si nota una donna in preghiera: è Antonia Beccaria, colei che ha commissionato e pagato l’opera.
Sopra la porta dell’ingresso laterale di destra vi è una tela con l’Assunta e quattro santi.
La prima cappella di destra è dedicata alla Madonna Addolorata. Infatti, chiusa in una nicchia, vi è una bella statua della Madonna. La larga cornice che delimita la nicchia è intarsiata con volti contorti e disperati e vi sono raffigurati anche i simboli della Passione. Questa cornice è opera di un artigiano – artista locale, un certo Giuseppe Petrucci.
Un accenno meritano le balaustre della Chiesa. Infatti, prima del 1968, servivano per delimitare la parte più importante (il Presbiterio), dalla parte destinata a tutti i fedeli.
Le prime due balaustre, in ferro, che oggi deliminato l’altare del Tabernacolo (terza cappella a sinistra) provengono dalla Chiesa della Madonnina.
Quelle della nicchia dell’organo e dell’altare dell’Addolorata, gemelle, erano poste sui gradoni trasversali di fronte all’Altare. Sono dei capolavori d’intarsio eseguiti nel XVIII sec. dal Petrucci.
Adiacente alla Chiesa vi è l’Oratorio dei Confratelli e delle Figlie di Maria, oggi denominata Cappella.
Il campanile fu iniziato nel 1696 e terminato nel 1711. Vi sono quattro campane: una da 5 q., fusa nel 1839, una da 3,5 q., fusa nel 1865, una da 2 q. fusa nel 1921 e l’ultima fusa nel 1981 di 10 q.. posta più in basso in occasione del tricentenario della inaugurazione della Chiesa avvenuta nel 1681.
Pagina aggiornata il 28/02/2024